L’ingresso nella vecchiaia dipende da molti fattori, compreso il modo di vedere l’invecchiamento. Possiamo ritardarlo con un atteggiamento positivo?
Nel 2018 mezzo milione di persone ha partecipato a un’indagine online e il grosso dei partecipanti tra 20 e 30 anni ha affermato la mezza età comincia mediamente a 40 anni e la vecchiaia iniziava a 62 anni. Al contrario, gli over 65 non credono che la vecchiaia inizi prima di 71 anni. Il motivo è abbastanza ovvio: a nessuno piace davvero pensare che sta invecchiando.
Naturalmente, la vecchiaia è un dato di fatto e tutte i gli anziani dovrebbero essere trattati con rispetto e dignità. Quindi le persone si stanno semplicemente illudendo se rifiutano di considerarsi vecchie? In realtà, potrebbe essere una strategia sensata, una sorta di profezia che sia autoavvera e in grado di migliorare la vita.
Se la vecchiaia non dipende (solo) dall’età
Nel 2003, i ricercatori Hannah Kuper e Sir Michael Marmot (famosi per aver dimostrato l’impatto che lo stato socio-economico nella vita può avere sulla nostra salute e sull’aspettativa di vita ) hanno condotto uno studio ad ampio raggio in cui ai partecipanti è stata nuovamente posta la domanda: quando inizia la vecchiaia?
Le risposte ovviamente variavano, ma quel che Kuper e Marmot hanno scoperto è che quanti pensavano che la vecchiaia iniziasse prima avevano maggiori probabilità, sei anni più tardi, di subire un infarto, di soffrire di malattie cardiache o di trovarsi in cattive condizioni di salute fisica in generale. La risposta alla semplice domanda su quando inizia la vecchiaia fornisce in realtà molte più informazioni su una persona di quanto si creda. Forse l’interrogativo spinge le persone a pensare alla propria salute fisica e, se hanno problemi di salute sottostanti o uno stile di vita povero, potrebbero convincersi per loro la vecchiaia arriverà prima.
Coloro che affermano che la vecchiaia inizi in età precoce possono anche essere più fatalisti e meno propensi a cercare aiuto, nella convinzione che il declino sia inevitabile. Possono per esempio ritenere che le persone anziane siano fragili e quindi iniziare deliberatamente a camminare più lentamente e prendersela comoda quando questo fare per il bene della loro salute fisica e mentale dovrebbero fare l’esatto contrario.
Oppure potrebbero aspettarsi di dimenticare le cose per via della loro età e quindi smettere di rimestare i ricordi. È inoltre possibile che lo stress di avere idee negative sull’invecchiamento contribuisca all’infiammazione cronica e a ulteriori problemi di salute a lungo termine. Anche Becca Levy della Yale School of Public Health, utilizzando i dati dell’Ohio Longitudinal Study of Aging and Retirement , ha ottenuto risultati straordinari. Chi ha idee positive sul proprio invecchiamento, vedendolo come un momento per imparare cose nuove e fare nuovi progetti, vive in media 22,6 anni in più, contro gli appena 5 di chi si sente meno ottimista al riguardo.
E un ulteriore studio condotto da Susanne Wurm dell’Università di Greifswald nel nord della Germania potrebbe dirr l’ultima parola sull’argomento. Pensare più giovane può aiutare le persone a mantenersi aperte a nuove esperienze a lungo, con effetti positivi. Va da sé che nessuna di queste ricerche significa che possiamo fermare o invertire magicamente il processo di invecchiamento. Vista, udito, memoria, massa muscolare, forza ossea, processi di guarigione: tutti declinano. E le persone anziane sono ovviamente più vulnerabili a tutta una serie di malattie.
Una cosa è certa: dovremmo concentrarci sulle esperienze e sulle conoscenze che acquisiamo man mano che invecchiamo e notare quanto miglioriamo nell’affrontare la vita. Soprattutto, invecchiando, non dovremmo mai rinunciare a cercare di essere più sani e credere che ci sono molte cose che possiamo ancora fare. Se adottiamo questo atteggiamento, è probabile che vivremo più a lungo e ci godremo tutti gli anni che ci restano.