Il dolore fisico è un’esperienza che a nessuno piace provare eppure non se ne può fare a meno: se accadesse, sarebbe gravissimo.
Fin dalla tenera età, l’essere umano è costretto suo malgrado a provare talvolta un’esperienza fisica molto sgradevole, indicata col nome di “dolore”. Un fastidio nella migliore delle ipotesi, ma anche molto peggio in alcuni casi, tanto da essere definito dai vocabolari di lingua italiana come “lancinante” o “invalidante”.
La medicina contemporanea concorda in linea di massima con la definizione, riportata da Focus, che ne fu data nel 1979 dall’International Association for the Study of Pain: “Un’esperienza sensitiva ed emotiva spiacevole, associata a un effettivo o potenziale danno tissutale o comunque descritta in rapporto a tale danno”.
Questa sensazione tanto spiacevole è quella che ci spinge quasi sempre a chiedere il parere del medico. Quest’ultimo, grazie anche alla descrizione che il paziente gli fornisce di tale sintomo, riesce a valutare l’entità del disturbo o della patologia che in quel momento potrebbe averlo colpito e a prescrivere la cura più adatta. Già da questo elemento, si comprende l’importanza del dolore fisico: vi siete mai chiesti cosa succederebbe se gli esseri umani nascessero privi della possibilità di sentire dolore? Sarebbe una tragedia, vediamo perché.
Dolore fisico: perché non se ne può fare a meno e le sue implicazioni a livello psicologico
È Fabrizio Benedetti, professore di neurofisiologia all’Università di Torino, a spiegare sulle pagine di Focus l’utilità del dolore nel preservare la vita umana: “Se non ci fosse saremmo continuamente esposti a stimoli nocivi e il corpo ne sarebbe danneggiato anche fino alla morte”.
L’esperto aggiunge che esiste una rarissima malattia ovvero l’insensibilità congenita al dolore che colpisce alcuni bambini: in loro, le fibre nervose incaricate del trasporto delle sensazioni dal corpo al cervello non si sono sviluppate adeguatamente a causa di alcune mutazioni genetiche e perciò questi bambini corrono rischi enormi. Non avvertendo mai nessun tipo di dolore, sono molto più soggetti a farsi male perché il loro cervello non percepisce situazioni di pericolo. Accade così che si provocano fratture ossee e automutilazioni senza accorgersene: ovviamente, ciò li rende molto più esposti alla morte precoce.
L’assenza di dolore avrebbe poi dei risvolti da non sottovalutare anche a livello psicologico: “Il cervello possiede due sistemi del dolore: quello laterale è in grado di riconoscere lo stimolo dolorifico e di capire da quale punto del corpo si origina; quello mediale – che coinvolge anche il sistema limbico – genera invece la sofferenza e dà al dolore la sua connotazione emotiva negativa”, spiega Benedetti.
Quando il sistema mediale non funziona come dovrebbe, vuol dire che la persona soffre di asimbolia per il dolore: si è perfettamente capaci di riconoscere uno stimolo dolorifico e di individuarne la provenienza, ma non si sente alcuna sofferenza. Nelle persone affette da questa rara condizione si registra anche una quasi totale assenza di ansia e stress. Sebbene a prima vista questa ipotesi possa sembrare quasi allettante, Bendetti invita a considerare un altro aspetto: “Quando si vede una persona che soffre, si attivano le stesse aree del sistema limbico che generano il nostro dolore fisico”. Proprio questo meccanismo mette in atto ciò che chiamiamo “empatia”, grazie alla quale siamo più predisposti ad aiutare chi soffre. Senza di essa, l’egoismo dilagherebbe nella società.